Con l’annuncio della scoperta del primo vaccino, si è levato anche in Italia, un fronte di persone, parrebbe almeno al momento anche più nutrito di quanto ci si potesse immaginare, che per i motivi più diversi si dice assolutamente contrario.
Se da una parte, la campagna di vaccinazione proseguirà più o meno velocemente fino a debellare la malattia, dall’altra sembra quasi inevitabile che, prima o dopo, a tutti i datori di lavoro capiterà il caso di uno o più lavoratori che non intende vaccinarsi e non lo farà.

La decisione di non vaccinarsi, condivisibile o meno, pur essendo personalissima ed anche pienamente legittima  – come noto il vaccino non è stato reso obbligatorio per legge e l’art. 32 della Costituzione stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” –  nel caso del lavoratore dipendente ha ovviamente dei risvolti anche in azienda. Il vaccino è, oggi, l’unica misura messa a disposizione per combattere efficacemente il rischio di diffusione del contagio; il lavoratore che lo rifiuta continua, per scelta insindacabile, ad essere esposto al rischio ed ad essere anche possibile veicolo di contagio all’interno del luogo di lavoro, mettendo il datore di lavoro in una situazione assai delicata, dovendo egli per Legge, oltre che rispettare la sua scelta, anche pensare alla salute Sua e di tutti i lavoratori, ed in particolare di coloro che non ancora vaccinati rimangono esposti al rischio anche a causa del rifiuto del collega.
La decisione di non rendere obbligatorio per legge il vaccino mette, dunque, il datore di lavoro di fronte ad un ennesimo nuovo scenario in questa pandemia, non scevro dal rischio di inevitabili ripercussioni negative sul clima aziendale, qualsiasi siano le decisioni prese nel tentativo di realizzare un qualche bilanciamento tra la tutela della salute collettiva,  quella personale del lavoratore  e la concorrente tutela della libertà del singolo.

I nostri consigli:

1.Avviare una accurata campagna di informazione attingendo esclusivamente da fonti qualificate e autorevoli (AIFA, Ministero della Salute) che possano rendere consapevoli i lavoratori, tenendo presente che si tratta di un tema su cui comprensibilmente cercano informazioni, ma possono essere anche disorientati dalle innumerevoli e tra loro contraddittorie opinioni a cui hanno facilmente accesso. In particolare sarà da sottolineare che la Comunità scientifica internazionale è concorde sulla necessità di combattere la pandemia mediante vaccinazioni di massa e poi che lo stesso Ministero della Salute ha avviato la campagna di vaccinazioni a gennaio 2021 precisando insieme ad AIFA che

        • Il vaccino non contiene il virus e non può provocare la malattia.
        • Non è stata saltata nessuna delle regolari fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza del vaccino: i tempi brevi che hanno portato alla registrazione rapida sono stati resi possibili grazie alle ricerche già condotte da molti anni sui vaccini a RNA, alle grandi risorse umane ed economiche messe a disposizione in tempi rapidissimi  e alla valutazione delle agenzie regolatorie dei risultati ottenuti man mano che questi venivano prodotti e non, come si usa fare, soltanto quando tutti gli studi  sono completati.
        • I risultati di questi studi hanno dimostrato che due dosi del vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) somministrate a distanza di 21 giorni l’una dall’altra possono evitare al 95% degli adulti dai 16 anni in poi di sviluppare la malattia COVID-19 con risultati sostanzialmente omogenei per classi di età, genere ed etnie.
        • Le reazioni avverse osservate più frequentemente (più di 1 persona su 10) nello studio sul vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) sono stati in genere di entità lieve o moderata e si sono risolte entro pochi giorni dalla vaccinazione

2.Valutare di introdurre formalmente il vaccino tra le misure da adottare in azienda per eliminare il rischio di contagio da Coronavirus.
Ricordiamo che ai sensi dell’art. 2087 del C.c. <<tutela delle condizioni di lavoro>> “limprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” . Allo stesso modo l’art. Art. 15 D.Lgs 81/08  <<Misure di tutela>> che stabilisce le regole e le misure generali preventive da adottare per rendere più sicuri i luoghi di lavoro, quali essi siano,  con l’obbiettivo di  ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori a rischi legati all’attività lavorativa per evitare infortuni, incidenti o, malattie professionali, cita, fra l’altro, alla lettera c), l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico; se, dunque, le indicazioni della scienza medica sono univocamente nel senso che il vaccino realizza condizioni di sicurezza contro il rischio di infezione, il datore di lavoro a seguito di una valutazione del rischio specifico di infezione all’interno della propria azienda, può richiedere ai lavoratori la vaccinazione quando questa è concretamente possibile.
Il tema dei vaccini del resto non è estraneo al mondo del lavoro: nel campo della medicina del lavoro già si distinguono, vaccinazioni obbligatorie (quali sono quella antitetanica per le categorie di lavoratori indicati nell’art. 1 della legge 5 marzo 1963, n. 292, Legge 20 marzo 1968 n. 419, D.M. 16 settembre 1975, DPR 1301 del 7.9.65, DM 22.3.75 o quella antitubercolare (L.1088/70) e vaccinazioni da valutare – basti pensare alle vaccinazioni da prevedersi per i lavoratori in trasferta – assieme al medico competente, in base alla tipologia di rischio biologico (art.279 comma 2a D.Lgs 81/2008), quale il COVID, agente biologico del gruppo III (un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; che può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche). E’ anche noto, infine, che in materia di sicurezza sul lavoro, “le misure di sicurezza vanno attuate dal datore di lavoro anche contro la volontà del lavoratore” (Cass. pen. sez. IV, 5.2.1991, n.117011).

In questa situazione, nel caso poi il lavoratore rifiutasse il vaccino, non resterà che emettere da parte del medico competente un giudizio di inidoneità temporanea o permanente alla mansione. Con il conseguente obbligo per il datore di lavoro di rispettare il principio per cui…resta in ogni caso vietata la permanenza del lavoratore in mansioni pregiudizievoli al suo stato di salute” (Cass. civ. sez. lavoro 03.07.1997 n.5961), e pertanto di individuare per il lavoratore, ove possibile, una mansione che non lo esponga al rischio e che, diciamo noi, non esponga altri al rischio derivante dal fatto che egli stesso potrebbe essere veicolo di contagio,  o dover ricorrere al licenziamento, ove impossibile.

Ma se, almeno in linea teorica, il problema pare avere tracciata una linea di intervento percorribile, all’atto pratico potrebbero insorgere non poche difficoltà. A differenza di tutti gli altri vaccini, che sono messi a disposizione dal datore di lavoro e dal medico competente, il vaccino contro il COVID viene somministrato attraverso una procedura ad esclusivo appannaggio del SSN che esclude totalmente l’azienda cosicché non sarà possibile per il datore di lavoro sapere se il lavoratore è stato “chiamato” alla somministrazione e se si è rifiutato, il chè rende davvero arduo nella pratica intervenire nei termini prefigurati; a tacere del fatto che la decisione di non rendere obbligatorio il vaccino addossa sul datore di lavoro anche il difficile compito di valutare tutte le situazioni di certificati di esenzione che potrebbero fornire i lavoratori. Infine, nel valutare se introdurre il vaccino come misura di prevenzione aziendale, il datore di lavoro dovrà anche considerare che  dei danni eventualmente occorsi in conseguenza del vaccino risponde lo Stato solo in caso di vaccini obbligatori per Legge e pertanto dovrà dotarsi di adeguata copertura assicurativa per ogni eventualità.