Pare andare sempre più consolidandosi l’orientamento della Suprema Corte in ordine alla particolare procedura estintiva delle contravvenzioni ambientali  introdotta con l’art. 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68 e prevista dagli articoli 318 bis e seguenti del d.lgs 152/2006.

Il testo della norma non sembra dare adito ad interpretazioni sulla facoltatività o meno della procedura da seguire una volta accertata la violazione ambientale. L’art. 318 ter, recita infatti che Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un’apposita prescrizione…[..]. L’unico limite al ricorso alla procedura sembra delineato altrettanto chiaramente nel precedente art. 318 bis, per il quale Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette

La sentenza qui in commento, ribadisce, purtroppo, l’orientamento della Suprema Corte già formatosi negli anni secondo il quale gli organi di controllo avrebbero in ogni caso la facoltà di decidere se procedere nei confronti del contravventore impartendo la prescrizione consentendogli di estinguere il reato in via amministrativa, oppure procedere penalmente bypassando tale procedura. Secondo tale orientamento, nemmeno dall’uso dell’indicativo presente da parte del legislatore all’art. 318-ter nel D.Lgs. n. 152 del 2006, (“…impartisce al contravventore un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente…”), si può  desumere la obbligatorietà della speciale procedura in esame alle contravvenzioni in materia di ambiente (Sez. 3, n. 49718 del 25/09/2019, Rv.277468 – 01), trattandosi di una mera scelta dello stile espositivo del legislatore, poiché la eventuale obbligatorietà farebbe venir meno quel parallelismo con l’omologa procedura prevista dalla normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994, artt. 20 e ss. ; pertanto anche per le contravvenzioni in materia ambientali si deve ritenere che, l’omessa impartizione, da parte dell’organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione non é causa di improcedibilità dell’azione penale (cfr Sez. 3, n. 38787 del 8/2/2018); principio riaffermato negli anni, fra le altre anche da, Sez. 3, n. 36405 del 18/04/2019, Sez.3, n. 19986 del 20/05/2021, Sez. 3, n. 38787 del 22 agosto 2018; Sez. 3 n. Sez. n. 7678 del 13/01/2017.

Un tale orientamento che non ha mai convinto fino in fondo. Non solo perché il dato letterale é chiarissimo e  non richiedeva aggiustamenti interpretavi, ma perché presuppone che il legislatore, pur non essendo in grado di esprimersi chiaramente, volesse prevedere per le materie ambientali un istituto in tutto e per tutto identico e sovrapponibile a quello previsto per le contravvenzioni in materi di sicurezza quando invece lo stesso legislatore all’art. 318 bis aveva indicato e  delineato per quelle ambientali un preciso perimetro applicativo diverso, per cui le disposizioni inerenti la procedura di estinzione  si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto.

L’orientamento della Corte continua a non convincere anche alla luce della previsione di cui all’art. 318 quinquies – Notizie di reato non pervenute dall’organo accertatore, secondo cui Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne da’ comunicazione all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater, ovvero ad impartire la prescrizione. Disposizione che mal si concilia con la non obbligatorietà o in ogni caso con la ingiustificata omissione del ricorso alla procedura. E’ chiaro che nel permanere di un tale orientamento, sarebbe quanto meno auspicabile che risultasse alle parti il motivo per cui gli organi di controllo abbiano ritenuto nel  caso concreto di non impartire la prescrizione privando il contravventore della possibilità di accedere alla estinzione in via amministrativa, e offrire tale possibilità a valle di un doveroso vaglio sulla decisione presa, eventualmente retrocedendo il procedimento alla relativa fase.