Il 21 ottobre scorso è stato pubblicato in GU il noto decreto fiscale in cui sono state inserite, al capo III, anche alcune disposizioni urgenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro che si sono tradotte in relative modifiche al decreto legislativo 81/08.
L’obiettivo dichiarato dalle norme di nuova introduzione è quello di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza e di un maggiore coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle disposizioni per assicurare la prevenzione. A queste disposizioni se ne accompagnano altre che modificano il (poco applicato) art.14 sul potere di sospendere l’attività imprenditoriale degli organi di vigilanza del Ministero del Lavoro e delle aziende sanitarie locali ed altre che inaspriscono le sanzioni.
La riformulazione dell’art. 14 prevede ora che il provvedimento cautelare di sospensione possa essere adottato quando il 10%, e non più il 20%, del personale non sia assunto regolarmente.
Inoltre, ai fini dell’adozione del provvedimento per riscontrate violazioni in materia di sicurezza, la frase “in caso di gravi e reiterate violazioni” è ora sostituita da “in caso di gravi violazioni”. Modifica non di poco conto, diversamente da quella intervenuta sull’allegato 1 che conteneva l’elenco delle gravi violazioni, che è stato riscritto, ma senza apparenti modifiche nella sostanza.
L’inasprimento delle sanzioni riguarda le somme dovute per la revoca del provvedimento di sospensione – che comprende espressamente anche il divieto di contrarre con la PA – e che rimane condizionato, ovviamente in primis, alla rimozione della situazione di illegalità riscontrata.
La riorganizzazione e il potenziamento dell’attività di vigilanza passa attraverso l’ampliamento dei soggetti incaricati – che comprende ora a pieno titolo anche l’Ispettorato del lavoro – , dei rispettivi organici e dei fondi messi a disposizione. Ulteriori disposizioni nella stessa direzione riguardano il tentativo di rendere – finalmente – efficacemente operativo il SINP Sistema Informativo Nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, attraverso una maggior condivisione delle informazioni in esso contenute. Disposizioni tutte che non saranno, e non immaginiamo che qualcuno possa aspettarsi che siano, la panacea al problema degli infortuni, ma che certamente potranno, a regime, contribuire a snidare e correggere gli ultimi datori di lavoro ancora ostinatamente allergici alle regole. Tuttavia il fenomeno degli infortuni in Italia – sia detto, certamente grave nei numeri, ma comunque meno grave di quanto non lo sia in altri grandi paesi europei – potrà essere veramente arginato se alla repressione dei comportamenti deviati, si accompagnerà parallelamente la diffusione di una profonda cultura della prevenzione, a tutti i livelli, che nel tempo isoli ed estrometta in autonomia chi, a qualunque livello, datore di lavoro, dirigente, preposto o lavoratore, crede che la sicurezza sia un optional nel lavoro. In questo senso, ci si aspetterebbe un segnale anche dagli stessi organi di vigilanza e dalla giurisprudenza affinché si apra una seria riflessione sulla sostanziale disapplicazione dell’art. 20 del d.lgs 81/08 che nella pratica è lettera morta e che eppure prevede che ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro; deve osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza; segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi; non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza etc. E’ invece di recentissima pubblicazione una pronuncia della Suprema Corte che ancora condanna il datore di lavoro – per omessa vigilanza, pur consistendo l’azienda agricola in diversi e molto ampi fondi – per l’infortunio occorso ad un lavoratore che si era messo alla guida di un trattore agricolo poi ribaltatosi, in stato di ebbrezza e senza cintura.