Facendo seguito alla nostra precedente news del 7 Gennaio 2021 ( Può il datore di lavoro imporre il vaccino anti Covid?”) – segnaliamo che nella giornata di giovedì 17 Febbraio il Garante della Privacy ha pubblicato sul proprio sito una serie di FAQ con cui ha risposto alle tre seguenti domande:

  • il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
  • il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
  • la vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?

Il Garante chiarisce, innanzitutto, che il datore di lavoro non può acquisire, neppure con il consenso del dipendente, né informazioni sullo stato vaccinale dei dipendenti né copia di documenti che attestino l’avvenuta vaccinazione perché l’acquisizione di simili informazioni non è consentita né dalla normativa emergenziale né, tantomeno, dalla disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Il Garante precisa, inoltre, che il datore di lavoro non può nemmeno acquisire tali informazioni dal medico competente che rimane l’unico soggetto autorizzato a trattare i dati sanitari dei dipendenti e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro può, invece, acquisire gli esiti della sorveglianza sanitaria condotta dal medico competente e, quindi, i giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni alla mansione specifica.

Infine, in risposta all’ultimo quesito, il Garante afferma che, in attesa di un intervento del legislatore che valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevato per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per tali ambienti lavorativi (art. 279 D.L.vo 81/08).

In tale quadro, precisa il Garante, solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro, conclude il Garante, deve invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (artt. 279, 41 e 42 D.L.vo 81/08).

Se le risposte offerte dal Garante si pongono in perfetta sintonia con i principi in materia di privacy, appaiono opportune alcune precisazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

In particolare, a nostro modo di vedere, è bene chiarire che “le misure speciali di prevenzione” contro l’esposizione ad agenti biologici trovano applicazione in tutti i contesti lavorativi e non solo, come si potrebbe erroneamente dedurre leggendo le FAQ del Garante, in contesti, quale quello sanitario, in cui il rischio di esposizione al Covid è particolarmente elevato; il chiarimento si impone anche in seguito all’intervento del Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, pubblicato sul sito del Garante nella giornata del 23.02.2021, in cui si legge che il Garante non si è in alcun modo pronunciato sul tema dell’esigibilità, da parte datoriale, della vaccinazione quale misura di protezione del lavoratore stesso e della sicurezza dell’ambiente di lavoro. L’Autorità si è limitata a chiarire che nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come in ambito sanitario, che comporta livelli di rischio elevati, si applicano le disposizioni vigenti sulle “misura speciali di protezione” previste per tali contesti, in attesa di eventuali, ulteriori disposizioni legislative.

Osserviamo, infatti, che nel suo intervento il Presidente sembra nuovamente ricondurre l’applicazione delle misure di prevenzione contro il rischio biologico ai soli contesti in cui il rischio è particolarmente elevato ma è bene ricordare che le norme dettate dal Titolo X del D.L.vo 81/2008 (“Esposizione ad agenti biologici”) si applicano, così recita l’art. 266, a tutte le attività nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.

Posto che lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa comporta il contatto con colleghi/collaboratori/fornitori/clienti/etc.., tra i quali è possibile se non probabile la presenza di soggetti contagiosi, risulta evidente che il rischio di esposizione al Covid – recentemente inserito dal D.L. 7 ottobre 2020, n. 124 nell’elenco degli agenti biologici di cui all’allegato XVI del D.L.vo 81/08 – riguardi oggi qualsiasi attività lavorativa.

Per tale ragione – come avevamo già illustrato nella nostra precedente news del 07.01.2021 Può il datore di lavoro imporre il vaccino anti Covid?” – riteniamo che ogni datore di lavoro debba procedere alla valutazione del rischio specifico di infezione all’interno della propria azienda e che all’esito della stessa possa richiedere, in accordo con il medico competente, la vaccinazione ai propri dipendenti.

L’art. 271 D.L.vo 81/2008 che disciplina la valutazione del rischio contro gli agenti biologici prevede, infatti, al comma 4 che nelle attività che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere, per quel che qui interessa, dall’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 279, qualora i risultati della valutazione dimostrino che l’attuazione di tali misure non è necessaria.

Ricordiamo che l’art. 279 D.L.vo 81/08, espressamente richiamato nelle FAQ del Garante, prevede che:

  1. Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41.
  2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
  3. a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
  4. b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.
  5. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
  6. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo 271.
  7. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell’ALLEGATO XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.

Ribadiamo, pertanto, che la scelta di introdurre formalmente il vaccino tra le misure da adottare in azienda per eliminare il rischio di contagio da coronavirus deve essere attentamente ponderata in tutti i contesti lavorativi e se ritenuta necessaria all’esito dell’apposita valutazione dei rischi effettuata in collaborazione con il RSPP ed il MC può essere legittimamente imposta ai lavoratori dipendenti.

Per il resto, rileviamo che il Garante – là dove afferma che il datore di lavoro deve attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione – conferma quanto osservavamo nella nostra precedente news del 07.01.2021 nel caso di rifiuto del vaccino da parte del singolo lavoratore.

In tal caso non resterà, infatti, che emettere da parte del medico competente un giudizio di inidoneità temporanea o permanente alla mansione con il conseguente obbligo per il datore di lavoro di rispettare il principio per cui…resta in ogni caso vietata la permanenza del lavoratore in mansioni pregiudizievoli al suo stato di salute” (Cass. civ. sez. lavoro 03.07.1997 n.5961), e pertanto di individuare per il lavoratore, ove possibile, una mansione che non lo esponga al rischio e che, diciamo noi, non esponga altri al rischio derivante dal fatto che egli stesso potrebbe essere veicolo di contagio,  o dover ricorrere al licenziamento, ove impossibile.

Ma se, almeno in linea teorica, il problema pare avere tracciata una linea di intervento percorribile, all’atto pratico potrebbero insorgere non poche difficoltà. A differenza di tutti gli altri vaccini, che sono messi a disposizione dal datore di lavoro e dal medico competente, il vaccino contro il COVID viene somministrato attraverso una procedura ad esclusivo appannaggio del SSN che esclude totalmente l’azienda cosicché non sarà possibile per il medico competente sapere se il lavoratore è stato “chiamato” alla somministrazione e se si è rifiutato, il ché rende davvero arduo nella pratica intervenire nei termini prefigurati; a tacere del fatto che la decisione di non rendere obbligatorio il vaccino addossa sul medico competente anche il difficile compito di valutare tutte le situazioni di certificati di esenzione che potrebbero fornire i lavoratori. Infine, nel valutare se introdurre il vaccino come misura di prevenzione aziendale, il datore di lavoro dovrà anche considerare che  dei danni eventualmente occorsi in conseguenza del vaccino risponde lo Stato solo in caso di vaccini obbligatori per Legge e pertanto dovrà dotarsi di adeguata copertura assicurativa per ogni eventualità.