Il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid 19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020 e interamente recepito nel Dpcm 22 marzo 2020 espressamente stabilisce che “il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro, potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°C l’ingresso ai luoghi di lavoro non sarà consentito” .

Si tratta di una disposizione importante che auspicavamo venisse introdotta già all’inizio di  Marzo, preso atto del primo provvedimento del Garante (cfr. News SAP)

Al proposito ci stanno  provenendo diverse richieste di chiarimenti, fra cui se la persona che all’interno dell’azienda effettua materialmente la misurazione,  debba possedere o meno una specifica professionalità, se cioè  la misurazione può essere fatta solo da personale sanitario, MC o infermieri,  dipendenti che hanno effettuato il corso di addetti alle emergenze/pronto soccorso o ancora qualsiasi dipendente incaricato dal datore di lavoro.

Il dubbio può sorgere perchè in effetti la misurazione della temperatura corporea, se certamente non rientra  tra i cd <<atti medici>> , astrattamente potrebbe rientrare tra gli <<atti sanitari>> e come tale eseguibile solo da “professionisti sanitari”.

L’aspetto però che risulta essenziale per capire se in concreto anche la misurazione della temperatura prescritta dal Protocollo debba necessariamente essere eseguita da personale sanitario, è il fine per cui viene autorizzata ed effettuata.

In generale la misurazione della temperatura corporea serve a conoscere un parametro vitale a cui  far seguire eventualmente un trattamento terapeutico, vero, ma l’atto della misurazione in questo caso autorizzato assume la connotazione di  strumento di prevenzione volto esclusivamente ad consentire l’accesso del lavoratore al luogo di lavoro. Tanto è vero che al personale che lo esegue non è richiesto di procedere ad acluna eventuale ulteriore  assistenza, nè di assumenre qualsiasi altra  iniziativa diversa da inibire l’accesso nell’ipotesi di superamento della temperatura limite.

A corollario possiamo dunque concludere che non vi è né la necessità, né l’obbligo che la misurazione sia riservata a professionisti sanitari e potrà essere eseguita da un qualnque soggetto, purchè formalmente incaricato dal datore di lavoro, a cui sarà stata fatta la (minima) formazione necessaria e opportunamente responsabilizzato sulle implicazioni in materia di  privacy.