Il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., al Titolo IV prevede, come noto, che nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici anche non contemporanea, il committente deve, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, designare il coordinatore per la progettazione e prima dell’affidamento dei lavori, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori.

Gli obblighi del “coordinatore” sono indicati agli artt. 91 e 92, comprendono quello di redigere il piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e predisporre un fascicolo con le informazioni sui rischi per i lavori successivi alla realizzazione dell’opera. Mentre durante la realizzazione dei lavori il coordinatore deve:

  • Verificare l’applicazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC);
  • Verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e la corretta applicazione delle procedure di lavoro;
  • Adeguare il piano di sicurezza e coordinamento ed il fascicolo in relazione all’evoluzione dei lavori e verificare il conseguente aggiornamento dei piani operativi;
  • Organizzare la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la reciproca informazione tra le imprese;
  • Verificare l’attuazione degli accordi tra le parti sociali al fine del coordinamento tra i rappresentanti per la sicurezza di più imprese;
  • Segnalare al committente o al responsabile dei lavori inosservanze delle imprese (alla legge e al PSC) e proporre la sospensione dei lavori, l’allontanamento o la sospensione del contratto;
  • Comunicare l’inadempienza all’ASL e alla direzione territoriale del lavoro nei casi in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento;
  • Sospendere le singole lavorazioni in caso di pericolo grave ed immediato direttamente riscontrato.

Purtroppo, la  scelta operata dal legislatore di declinare in un elenco i compiti spettanti al Coordinatore nel corso dei lavori non ha impedito che, nel tempo, sull’effettivo contenuto degli obblighi, si succedessero pronunce della Corte non sempre del tutto consonanti fra loro, al punto che ancora oggi,  ad anni di distanza dall’entrata in vigore della legge,  spesso chi si appresta a svolgere questo ruolo, ben consapevole delle implicazioni penalistiche in caso di infortunio, si domanda  FINO A CHE PUNTO IL COORDINATORE E’ RESPONSABILE DI QUELLO CHE SUCCEDE IN CANTIERE? I dubbi sono tutt’altro che ingiustificati.

Nella sentenza n. 27165 del 4 luglio 2016 , sezione IV,  ad esempio, sembra stabilirsi in modo chiaro che il coordinatore avrebbe compiti e obblighi esclusivamente riconducibili alla attività di coordinamento e di gestione dei rischi interferenziali ed aggiuntivi derivanti dalla presenza di più imprese. In questo senso, la Corte senza margine di equivoco precisa infatti che “il coordinatore per l’esecuzione è colui che gestisce il rischio interferenziale e la sua posizione di garanzia non va confusa con quella del datore di lavoro. L’unica eccezione è costituita dalla previsione di cui all’art. 92 lett. f) d.lgs 81/08 secondo cui) egli è tenuto a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate”.

L’orientamento della Corte sembra diverso nella la recente sentenza della Cassazione Penale, sezione IV, n. 10136 del 16 marzo 2020 laddove si afferma che  in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza, che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto.

Questo tipo di discrimine per cui  gli eventi riferibili ad una errata od omessa  configurazione complessiva di base della lavorazione sarebbero attribuibili al coordinatore, mentre (solo) gli  eventi contingenti ed estemporanei sarebbero attribuibili  ai singoli datori di lavoro, potrebbe essere foriera di un indebito ampliamento degli obblighi del coordinatore rispetto a quanto stabilito dalla norma, innaznitutto nella misura in cui si finisse per ricomprendere fra gli obblighi del coordinatore l’omessa od errata organizzazione di misure ulteriori rispetto a quelle inerenti il coordinamento ed all’organizzazione generale del cantiere, comprensiva di un relativo obbligo di vigilanza che vada oltre al “direttamente riscontrato” di cui all’art. 92 lett. f).

Nel caso affrontato, la Corte ha condannato un coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione per l’infortunio occorso all’operaio di una ditta, deceduto a seguito di precipitazione del mezzo che stava guidando in una scarpata “in relazione ad un’area di lavoro di modeste dimensioni, il cui ciglio era – sì – segnalato da una rete colorata, ma privo di adeguate sottolineatura del rischio”. Per comprendere il puntiglioso rigore con cui si vaglia la responsabiità del coordinatore, basti pensare che la condanna postula una mancata conoscenza del luogo di lavoro da parte del lavoratore, al punto che il rischio di precipitazione col mezzo sarebbe stato da lui sconosciuto e conoscibile solo se vi fosse stato un cartello, la cui assenza ha determinato la precipitazione del mezzo e l’infortunio, che quindi, giusta conclusione, risulta addebitabile ad  una carente organizzazione di base del cantiere sotto il profilo della segnaletica. Ma quel che più conta è che la sentenza manifesta i chiari rischi che si nascondono al momento di calare nel caso concreto il principio annunciato: il coordinatore viene infatti condannato anche se nella sostanza, sembra davvero difficile non cosiderare la precipitazione del mezzo nella scarpata come un tipico esempio di evento del tutto contingente, cioè dovuto alla manovra di guida che era in corso, manovra che doveva svolgersi entro l’area delimitata e si stava svolgendo, a quanto consta, nella piena autonomia dell’impresa e quindi sotto la sfera di responsabilità  della sua struttura di garanti, dirigenti e preposti. Da notare, inoltre, che ai fini della condanna, anche sotto il profilo causale, si è attribuita decisività all’assenza di adeguata segnalazione del rischio, nel senso che la Corte ha ritenuto che l’infortunio non si sarebbe verificato se fosse stata presente una adeguata, ma non meglio precisata, sottolineatura del rischio; su questo crediamo che l’affermazione della sussistenza del nesso causale fra omissione imputabile al coordinatore ed evento sarebbe stata  più compensibile se a mancare fosse stata la delimitazione dell’area di lavoro – che invece c’era –  anziché i cartelli che avrebbero dovuto segnalare i rischi esterni ad essa.

Per quanto riguarda l’obbligo di vigilanza del coordinatore, la sentenza citata, in altre parti, riprende concetti espressi in precedente giurisprudenza  ed  in particolare in Cassazione Penale, Sez. IV, n. 46991 del 26 novembre 2015,  secondo cui “in tema di prevenzione antinfortunistica, al coordinatore per l’esecuzione dei lavori non è assegnato esclusivamente il compito di organizzare il lavoro tra le diverse imprese operanti nello stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle stesse delle prescrizioni del piano di sicurezza, ma anche – ed è quest’ulitma specificazione a creare allarme sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratoriIl contenuto dell’obbligo non sembra coerente con quanto disposto dall’art. 92 lett. f). Nel prosieguo della stessa Sentenza,  in modo non dissimile, viene poi affermato  che il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è titolare di un’autonoma posizione di garanzia che, comprende, non solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche la loro effettiva predisposizione, nonché il controllo continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate, nonché, infine, il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso dì lavorazione (Sez. 4, n.46820 del 26/10/2011, Di Gloria, Rv. 252139). Il risultato, ci sembra, è quello di una indebita equiparazione del coordinatore a tutti i datori di lavoro/dirigenti e preposti di tutte le imprese coinvolte, che diversamente da quanto prefigurato dal legislatore assumerebbe su di sè i precipui obblighi – di informazione/formazione (in cui si sostanzia il dovere di istruzione) e di vigilanza che incombono sulla catena di garanti delle imprese, estesi ai rischi specifici propri di ogni impresa che non possono, di nuovo, che ricadere nell’alveo della gestione dei singoli datori di lavoro. Lascia poi disorientati che nella stessa Sentenza affiorino due concetti di vigilanza profondamente diversi laddove da una parte si richiede al coordinatore di svolgere un’ alta vigilanza, dall’altra il controllo continuo ed effettivo persino sul corretto uso degli strumenti di lavoro e sul processo di lavorazione, sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro. Entrambi che darebbero interpretazione al disposto dell’art. 92 lett. f), peraltro dal significato letterale piuttosto chiaro, ed ancora diverso dagli altri due.

La Sentenza sezione IV, n. 10136 del 16 marzo 2020 ci ha  fornito l’occasione per un rapido excursus che, senza ovviamente pretesa di completezza,  rivela come sulla figura del Coordinatore la Corte sia intervenuta pesantemente e non sempre in maniera uniforme, ad integrare il disposto di legge, considerandolo una figura chiave  del cantiere, da cui si pretende pianificazione, organizzazione, vigilanza,  e l’esercizio di compiti ridisegnati ed ampliati, rispetto alla originaria previsione della norma.

La pronuncia in esame ha quantomeno il pregio di stabilire pur sempre un percorso  per verificare se un infortunio coinvolga la responsabilità del coordinatore per la sicurezza, nel senso che si devono analizzare le caratteristiche del rischio dal quale è scaturito l’evento; occorre, cioè, comprendere se si tratti di un accidente contingente, scaturito estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori, come tale affidato alla sfera di controllo del datore di lavoro o del suo preposto, o se, invece, l’evento stesso sia riconducibile alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione: in tale ultimo ambito è affidato al coordinatore per la sicurezza il dovere di alta vigilanza (Sez. 4, n.18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 247536). La condanna del coordinatore confermata dalla Corte nel caso in esame dimostra tuttavia l’ampio margine di valutazione che è rimesso nel discrimine fra le due aree di responsabilità,  e il rischio che il principio che ha una sua logica condivisibile, si trovi poi nella pratica ad essere sconfessato.