L’Università Statale di Milano – dipartimento di Scienze giuridiche Cesare Beccaria – ha monitorato l’esito dei processi che si sono celebrati  nei confronti degli enti imputati ex d.lgs 231/2001 nel periodo 2016 – 2021 davanti al Tribunale di Milano, quello notoriamente e statisticamente più attivo in questo tipo di contestazioni.

Le società incolpate e giudicate negli ultimi sei anni sono state in totale 301. Nonostante da più parti si evochi spesso la scarsa applicazione della norma, si tratta, a nostro giudizio, di un numero di processi elevato, pur considerando che l’elenco dei reati c.d presupposto della responsabiltà è ormai molto lungo e ampia di conseguenza la perseguibilità degli enti.

Delle 301 sentenze in totale pronunciate lo studio dell’Università ne ha potute analizzate 195, ovvero praticamente i 2/3.  A prima vista, dai risultati dell’analisi, sembrerebbe che l’adozione del modello, prima del fatto reato, non abbia quel peso decisivo che ci aspetterebbe nel garantire un esito favorevole del processo a carico della società. Il fatto è anche stato sottolineato da un articolo in commento allo studio, apparso sul Sole 24 ore il 7 Giugno  dal titolo “Decreto 231, adottare i modelli non mette al riparo dalle sanzioni, prosciolte meno della metà delle società con sistemi organizzativi” in cui si riporta il dato per cui delle 195 società imputate, 53 avevano adottato un modello e solo 23 di queste sono state prosciolte nel merito.

Il dato è destinato ad alimentare il dibattito che esiste da tempo  sulla reale efficacia esimente del modello, e su come sia possibile un suo rafforzamento. La preoccupazione è comprensibile: nel momento in cui l’ente con sforzi economici e organizzativi non da poco decide di adottare un modello, di mantenerlo aggiornato, attuarlo, erogare la formazione, sottoporsi al controllo di un organismo di vigilanza,  la aspettativa di vedere raggiunto lo scopo ed andare esente da responsabilità, fatta salva quella delle singole persone fisiche,  è più che legittima. Se, in attesa dei dati nazionali su cui sta lavorando la Cassazione – dagli studi come quello oggi disponibile, risulta che meno della metà delle società imputate sono “salvate” dal modello, la sua adozione ed il suo mantenimento ne potrebbero risultare seriamente scoraggiati, con un pessimo ritorno, dal momento che l’adozione del modello ha oggettivamente ed innegabilmente significato per le Società  adeguarsi e organizzarsi, come mai era avvenuto prima, con regole stringenti per operare nella legalità. Il dibattito su come riconoscere alle società i loro sforzi, e fare (più) in modo che l’adozione del modello e la sua attuazione siano effetivamente premiali è quindi più che mai aperto. Forse, però, prima che sul piano legislativo, con interventi di modifica della legge, come si sta proponendo, la questione andrebbe affrontata partendo dalla giurisprudenza, attraverso  una revisione critica degli orientamenti che si sono formati. Il caso emblematico è quello delle incolpazioni alle società per l’illecito di cui all’art. 25-septies – omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro – in cui, anche nelle sentenze di Cassazione, l’interesse o il vantaggio perseguito intenzionalmente dall’ente a fronte del quale si sarebbe verificato l’infortunio giustificando dunque la responsabilità dell’ente, viene individuato spessissimo in risparmi  di tempo che sembrano frutto di scelte estemporane dei lavoratori più che aziendali, o risparmi di soldi talmente irrisori da essere assolutamente incinconciliabili con la realtà degli sforzi compiuti dalla società per prevenire i reati.
Forse allora non è un caso che nella graduatoria dei reati trattati nei processi oggetto dello studio dell’Università, gli illeciti di cui all’art. 25-septies sono al secondo posto, con ben  47 procedimenti. Secondi solo a quelli ambientali. Altra categoria di illeciti in cui l’individuazione dell’interesse o  vantaggio possono porre analoghi problemi.
A ben guardare lo studio, l’adozione del Modello da parte delle società non ci sembra comunuque così ininfluente come i primi commenti sembrano affermare.
Senza considerare il fatto che si tratta di sentenze di primo grado e non definitive, vanno evidenziati alcuni altri dati. Il primo: su 195 enti imputati, quelli che non avevano un Modello erano ben 94 e ciò ci porta a pensare ad una tutela del Modello che opera a presidio della incolumità della società già in una fase antecedente al processo. Di queste 94, 63 sono state sanzionate e  48 hanno cmunque adottato il Modello successivamente alla incolpazione e prima della sentenza, per usufruire delle conseguenti mitigazioni sanzionatorie.