Il Garante della Privacy ha pubblicato oggi una serie di FAQ per chiarire dubbi e fornire indicazioni operative per un corretto trattamento dei dati personali da parte di pubbliche amministrazioni e imprese private impegnate a fronteggiare l’emergenza Coronavirus.
Innanzitutto, il Garante conferma le due novità introdotte il 14 Marzo scorso (cfr. News SAP) dal “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” e quindi, sia la possibilità di richiedere una dichiarazione in merito all’eventuale esposizione al contagio da COVID-19, sia la possibilità di sottoporre il personale dipendente e i fornitori/visitatori/clienti al controllo della temperatura corporea prima dell’accesso al luogo di lavoro. Rispetto a quanto già indicato nel “Protocollo” del 14 Marzo 2020, con riferimento alla misurazione della temperatura corporea, il Garante ha precisato che “in ragione del fatto che la rilevazione in tempo reale della temperatura corporea, quando è associata all’identità dell’interessato, costituisce un trattamento di dati personali (art. 4, par. 1, 2) del Regolamento (UE) 2016/679), non è ammessa la registrazione del dato relativo alla temperatura corporea rilevata, bensì, nel rispetto del principio di “minimizzazione” (art. 5, par. 1, lett. C) del Regolamento cit., è consentita la registrazione della sola circostanza del superamento della soglia stabilita dalla legge e comunque quando sia necessario documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro. Di regola, non è, invece, necessario registrare il dato quando la temperatura corporea venga rilevata a clienti e visitatori occasionali.
Con riferimento ai trattamenti di dati personali che coinvolgono il medico competente, il Garante ha ricordato che “in capo al medico competente permane, anche nell’emergenza, il divieto di informare il datore di lavoro circa le specifiche patologie occorse ai lavoratori”. In particolare, viene precisato che “il medico competente provvede a segnalare al datore di lavoro quei casi specifici in cui reputi che la particolare condizione di fragilità connessa anche allo stato di salute del dipendente ne suggerisca l’impiego in ambiti meno esposti al rischio di infezione. A tal fine non è necessario comunicare al datore di lavoro la specifica patologia eventualmente sofferta dal lavoratore”.
Il Garante ha, infine, ricordato che “i datori di lavoro, nell’ambito dell’adozione delle misure di protezione e dei propri doveri in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro, non possono comunicare il nome del dipendente o dei dipendenti che hanno contratto il virus a meno che il diritto nazionale lo consenta”. Ne consegue che il nominativo del dipendente contagiato deve essere comunicato “alle autorità sanitarie competenti” dovendo “collaborare con essere per l’individuazione dei “contatti stretti”; analoga comunicazione non è, invece, prevista né in favore del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza né, tantomeno, in favore degli altri dipendenti.