Segnaliamo una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. III Penale, n. 27148 del 17 maggio 2023, pubblicata in data odierna) che fornisce alcune importanti indicazioni di cui occorre tener conto per la realizzazione di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo ad avere efficacia esimente nei confronti degli illeciti amministrativi dipendenti dalla commissione dei reati ambientali.

Nel valutare il ricorso proposto da un ente condannato per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-undecies D.L.vo 231/2001 in relazione al reato presupposto di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) D.L.vo 152/2006, la Corte ricorda innanzitutto come sia ormai dato di comune esperienza che il modello di organizzazione e gestione debba essere realizzato «su misura» (tailored) per ciascuna impresa e per ogni diversa organizzazione. Ciò, come rilevato in dottrina, soprattutto in relazione alla peculiarità dei reati ambientali, che determinano la necessità che la mappatura dei rischi sia condotta in modo specifico per ciascun reato, non essendo pienamente configurabile una modalità attuativa unitaria per il gruppo di questi reati, che possono essere commessi, nell’ambito dell’attività d’impresa, con modalità che nella pratica possono risultare estremamente eterogenee e disparate.
La Corte passa poi ad analizzare le motivazioni offerta dalla sentenza impugnata in cui si legge che, nel caso di specie, «il Modello Organizzativo adottato è generico e lacunoso perché non sono state adottate le cautele organizzative e gestionali per prevedere la commissione dei reati, tra cui quello di gestione abusiva di rifiuti. Nella parte che qui interessa ed in particolare in merito ai reati ambientali, nel Modello Organizzativo viene descritta l’attività svolta ed in merito ai rifiuti si dà atto che gli stessi sono gestiti conformemente alle norme vigenti oppure mediante l’applicazione di rigide procedure di controllo sull’affidabilità dei fornitori. Non è previsto nell’altro. In merito al rischio di inquinamento del suolo, sottosuolo e acque, si dà atto di procedure, istruzioni operative, rispetto dei requisiti ambientali etc., ma nulla è previsto in concreto, non sono indicate le misure da adottare e da chi. Il modello ha un organigramma senza indicazione delle persone che rivestono le qualifiche indicate, è previsto l’organo di vigilanza ma non risulta istituito. Pare a questo giudice che tale assetto organizzativo possa pacificamente ritenersi negligente, in senso normativo, fondato sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo (Sez. U., n. 38343 del 20/04/2014). È evidente che nel caso di specie sussiste una “colpa di organizzazione” dell’ente che ha consentito al suo legale rappresentante di commettere il reato, in assenza di procedure e organismi di controllo, a tutto vantaggio dell’ente stesso che ha creato un sito illegale di gestione dei rifiuti, con risparmi di spesa evidenti e consistenti».
La Corte respinge, pertanto, il ricorso presentato dall’ente osservando che la motivazione offerta dalla sentenza risulta frutto di una valutazione in concreto dell’inidoneità del Modello adottato (e non efficacemente attuato, non avendo l’ente neppure proceduto alla nomina dell’organismo di vigilanza), con conseguente colpa di organizzazione.
In materia di reati ambientali, pertanto, conclude la Corte, il modello di organizzazione e gestione, per avere efficacia esimente, deve essere adottato in riferimento alla specifica struttura e tipo di attività dell’impresa, prevedendo in modo chiaro e preciso i compiti, le responsabilità individuali e gli strumenti in concreto volti a prevenire la commissione dei reati contro l’ambiente; esso, inoltre, deve essere efficacemente attuato, mediante l’istituzione dell’organismo di vigilanza dotato di concreti poteri di controllo e la previsione di sistemi di revisione periodica, che garantiscano la «tenuta» del modello nel tempo.